21-04-2020
Coronavirus: esplorare l’inedito e ripensare i nostri spazi di vita
L’emergenza COVID-19 ci porta a dover ripensare le nostre vite e ridefinire le nostre priorità. Ce ne parla Alberto Winterle, architetto e presidente dell'associazione arco alpino
“Vi sono momenti, come quelli che stiamo vivendo oggi, che mettono in evidenza tutta la nostra fragilità e anche quella del contesto in cui viviamo. Una crisi del sistema globale ci ha reso consapevoli che alla velocità di connessione dei contatti e al dinamismo delle economie corrisponde un’esposizione di tutte le comunità alla diffusione non solo degli effetti positivi ma anche a quelli negativi della globalizzazione. Allo stesso tempo abbiamo registrato evidenti segnali del labile equilibrio su cui si reggono le ecologie del nostro mondo naturale e di quello costruito. La diffusione generalizzata di un virus ha messo in crisi un modello di vita e di sviluppo che ha sempre cercato e favorito gli scambi e le relazioni tra le persone, imponendo ora una drastica inversione radicalmente anti-urbana di “allontanamento sociale”. La drammaticità degli eventi ci impone quindi di ripensare le nostre vite e di rivedere le priorità fino ad ora consolidate.
Superata l’emergenza sanitaria, o quantomeno sperando che si possa superare, sarà quindi tempo di esplorare l’inedito anche ripensando i nostri spazi di vita, da quelli domestici in cui siamo stati costretti a rinchiuderci, a quelli del lavoro, da quelli privati a quelli collettivi.
Risulta quindi determinante il ruolo di architetti e urbanisti le cui esperienze progettuali sono determinate, oltre che dalle esigenze funzionali, anche dalle condizioni del contesto fisico, sociale ed economico in cui esse si inseriscono. Vi è però una costante nella nostra attività, ovvero quella di cercare definire spazi e luoghi capaci di favorire la relazione tra chi vive un edificio, un paese o una città. All’interno della casa, la zona giorno ha conquistato un ruolo sempre più importante proprio in virtù del suo carattere inclusivo rispetto alle altre stanze dove si può ritrovare una maggiore privacy. Allo stesso modo, ciò che sta tra gli edifici costituisce lo spazio di relazione pubblica che definisce il senso stesso di “piazza”, luogo in cui gli abitanti si incontrano e diventano comunità.
Trovarci quindi a ripensare le modalità dell’abitare e della frequentazione degli spazi pubblici e privati dovendo porsi come obiettivo quello di allontanare invece che di avvicinare le persone diventa un’azione che di fatto sembra essere contro la nostra stessa natura. Abbiamo però la necessità di affrontare questo momento con un atteggiamento positivo, cercando di interpretare al meglio gli stimoli che una fase di emergenza pone. In questo senso il ruolo delle “terre alte” può assumere una particolare importanza in quanto spazio più dilatato ed accogliente, capace di ricostituire un nuovo e diverso rapporto tra uomo e natura.”