27-11-2019
Intervista a Del Piano
Cosa significa costruire e ristrutturare in modo responsabile? Risponde Andrea Delpiano
Andrea Delpiano, architetto, ha risposto per noi ad alcune domande a proposito dei concetti di qualità architettonica e di integrazione all’interno dell’ambiente. Studioso e docente presso il Politecnico di Torino – ha realizzato con lo studio b|d Architetti alcuni lavori premiati e pubblicati su riviste e libri di architettura.
Intervista
Qualità architettonica: come declineresti questo concetto all’interno dei contesti rurali e alpini?
«Credo che nel prossimo futuro le ambizioni degli architetti dovranno misurarsi con la necessità di ritrovare un ruolo a consistenti parti del patrimonio edilizio svuotate della loro funzione originaria. Gran parte di questa eredità del passato, specialmente quella realizzata dal secondo dopoguerra agli anni Novanta, ha inoltre contribuito alle alterazioni degli equilibri ecosistemici che sono l’origine dei forti cambiamenti in atto. Affrontare questo grosso “senso di colpa” fatto di risorse mal spese o immobilizzate, impermeabilizzazioni di suolo e omologazione di paesaggi potrà contribuire a definire una griglia di temi di rifunzionalizzazione e sovrascrittura. Lavorare in questa direzione significherà mettere a punto forme di lettura critica dei manufatti finalizzate ad attualizzarne le ragioni insediative (rapporto con il terreno, impiego di materiali disponibili sul territorio, gestione virtuosa del ciclo dell’acqua e dell’irraggiamento solare, apporto delle risorse ambientali nella gestione della climatizzazione)».
Cosa intendi per “integrazione con il contesto”?
«Ritengo si possa inserire la questione dell’integrazione con il contesto nel quadro più ampio di una ricostruzione di forme narrative riguardanti grandi stagioni di trasformazione territoriale. Il territorio cambia assumendo nuovi assetti e alle discipline del Progetto spetta la ricerca di nuovi sensi, nuove metafore, nuovi modi di raccontare il proprio tempo. Come tutti i temi legati allo storytelling l’idea dell’integrazione con il contesto sta attraversando oggi una fase complessa strettamente legata allo scenario economico e sociale. Da una parte la possibilità di incrementare la propria efficacia nella diffusione di buone pratiche e nei percorsi formativi fornita dall’uso di nuovi media, dall’altra grandi difficoltà ad uscire da una dimensione virtuale per essere utile ad avviare politiche concrete (la rinascita di una comunità, il ripristino di una rete ambientale e di una rete di spazi aperti, la messa a disposizione di risorse “bloccate”…). Oggi più che mai è importante legare davvero la narrazione al contesto riferendo sempre l’intervento ad un quadro generale, ad una “storia futura” dei nostri territori che interpreti l’integrazione come un modo di stratificare e mettere a frutto il patrimonio esistente per chi lo riceverà in dote».
Quali sono le azioni o gli strumenti migliori per generare una qualità diffusa del costruito?
«Indubbiamente nel prossimo futuro un ruolo centrale rispetto alla diffusione di interventi di qualità lo giocherà la formazione professionale. Uscendo da una prima stagione caratterizzata da retoriche e logiche burocratiche (la deontologia obbligatoria, i crediti da esaurire…), non si può non convenire sulla necessità di improntare queste attività alla qualità, sfruttandone la dimensione collegiale. Non c’è occasione migliore del confronto fra attori diversi per arricchire ed istruire gusti, modalità operative, pratiche ordinarie. Compito delle associazioni professionali, ma anche delle aziende di settore e delle istituzioni conivolte in politiche edilizie attive sarà quello di dare vita ad iniziative in cui favorire questo confronto riflettendo intorno a casi e problemi concreti, mostrando esempi, condividendo risorse».